La mia esperienza di lavoro a Curitiba in Brasile
A Curitiba ho vissuto un’esperienza di lavoro davvero emozionante, sotto tanti punti di vista.
Ho conosciuto luoghi non visitati comunemente dai turisti, ho vissuto con i locali, in due famiglie molto diverse per estrazione sociale.
All’inizio molti erano contrari alla mia partenza ma il cuore mi diceva di non fermarmi, di cogliere quest’occasione unica di lavoro, di vita, di conoscenza e di aiuto verso persone più sfortunate di me.
Io ho scelto di ascoltarlo.
Lo rifarei, altre mille volte e come dice un proverbio brasiliano:
quem semeia vento colhe tempestade, quem semeia amor, colhe saudade ovvero “chi semina vento raccoglie tempesta, chi semina amore raccoglie nostalgia”.
L’inizio dell’avventura
Tutto è iniziato con alcuni colloqui notturni, visto il fuso orario, su Skype, fino al giorno in cui sono stata scelta per la mia esperienza di lavoro a Curitiba. Così a 23 anni ho preparato la valigia e sono partita per questa incredibile avventura.
Ore 5 del mattino, in aeroporto, non un’anima viva. Solo il mio amico taxista che mi ha accompagnata e aiutata a portare quel bagaglio che pesava più di me. Tre cambi e tre fusi orari diversi in una nazione enorme dove il nostro stivale sembra un puntino perso in mezzo all’oceano.
Arrivata a destinazione, ad accogliermi ho trovato persone stupende dell’Associazione no profit AIESEC.
Il mio lavoro in Brasile è stato duro ma fantastico: ho avuto modo di insegnare ai ragazzi nelle Favelas e di dedicarmi all’organizzazione di eventi per l’Associazione.
I miei colleghi provenivano da tutto il mondo: dal Giappone, alla Colombia, passando per la Romania. Comunicavamo in inglese e in spagnolo.
Ho girato come una trottola nelle Università, nei Centri Estivi, nelle scuole, nelle aziende e ho portato un po’ della mia cultura italiana oltre oceano.
La cosa più bella della mia esperienza di lavoro a Curitiba: ho conosciuto un popolo e una nazione completamente diversi rispetto a me e alle mie tradizioni.
Povertà e ricchezza convivono a stretto contatto in Brasile come in Sud America e le Favelas raccontano storie che neanche immaginavo.
Le Favelas di Curitiba
Ho notato differenze tra le Favelas di Curitiba e quelle di Rio de Janeiro. Sono entrambe mondi a parte, distanti dalla ricchezza del centro città ma le prime sono più raccolte, meno dispersive, quelle di Rio invece non avrei saputo (e neppure potuto) girarle da sola, è stata necessaria una guida locale.
Le persone che ho conosciuto in questo contesto difficile mi hanno trasmesso delle emozioni così belle che ancora le ricordo in maniera nitida.
L’allegria, la voglia di vivere e la grande generosità dei ragazzi che si trovano quotidianamente in condizioni di povertà, sono incredibili e arrivano dritti al cuore.
L’insegnamento nelle scuole
Durante la mia esperienza di lavoro a Curitiba, ho avuto la fortuna di insegnare nelle scuole situate nelle Favelas.
Ogni mattina 25 alunni di 3 diverse classi mi aspettavano curiosi di conoscere la nostra cultura e le nostre tradizioni, le mie infatti non erano le lezioni classiche di storia o geografia ma erano momenti di arricchimento reciproco.
Molti lavoravano all’alba prima di venire a scuola, erano stanchi, ma comunque attenti e interessati.
La gita scolastica si è svolta nel centro città, molti non avevano ancora avuto la possibilità di visitarla perché le Favelas sono distanti e i mezzi di trasporto non sono accessibili a tutti.
L’ultimo giorno è stato commuovente: ciascuno dei miei allievi ha raccolto un Real (la moneta locale) per comprare una torta e hanno intonato una canzone in brasiliano, personalizzandola con il mio nome.
I quotidiani locali hanno redatto un articolo sul nostro progetto Walking Life di AIESEC dove lo scambio culturale e la crescita personale sono state le tematiche fondanti che ci hanno guidati fin dal primo giorno.
L’articolo scritto sul progetto portato avanti da me e dai miei colleghi di Aiesec a Curitiba.
La mia esperienza di vita in due diverse famiglie
Un inizio in salita
La prima famiglia brasiliana da cui sono stata ospitata era tutta al femminile. La mamma di origine tedesca e tre figlie di età diverse.
L’inizio è stato in salita. Non ero abituata a vivere in maniera così “spartana”: la doccia calda era diventata solo un vago ricordo e il centro città non era certo a due passi. La lavatrice era un lusso che non potevamo concederci e ogni tanto mentre dormivo scendeva qualche goccia d’acqua dal soffitto. Io però ero così curiosa verso un mondo totalmente diverso dal mio che riuscivo a prendere tutto con estrema filosofia. Studiavo portoghese la sera, lavoravo parecchio ed ero sempre e comunque “a tre metri sopra il cielo”.
Un finale sfavillante
La seconda famiglia che mi ha accolta mi fa fatta sentire come a casa. La mamma della mia collega di AIESEC era attenta a ogni mia esigenza, amava lo sport, il tennis in particolare e con me trascorreva ogni minuto del suo tempo libero. Lunghe passeggiate e chiacchierate solo io e lei. Con il resto della (numerosa) famiglia invece condividevamo altre passioni, in primis, il teatro.
Curitiba offre tante possibilità di arricchimento culturale, oltre che innumerevoli spazi aperti dove ammirare flora e fauna decisamente varia (ve ne parlerò dettagliatamente in un prossimo articolo).
Il momento della cena
Curioso vedere come il momento della cena sia diversamente rilevante nelle varie famiglie.
Nella prima in cui ho vissuto era la parte più importante della giornata, dedicata al ritrovo e alla condivisione. Era sinonimo di distacco, visto in maniera non positiva, il non parteciparvi; così come il non assaggiare tutti i vari piatti preparati. Alcuni presi anche dalla nostra tradizione culinaria e poi modificati a piacimento.
Un esempio fra tutti la pizza, un vulcano letteralmente di ingredienti diversi messi insieme, dalle uova sode, ai formaggi fino ai salumi.
Una vera bomba a orologeria.
La seconda famiglia – più agiata della prima – in cui ho vissuto successivamente, era più libera da orari e vincoli: ognuno cenava quando voleva e sceglieva il piatto che preferiva, preparato da una stupenda signora brasiliana che si occupava delle faccende domestiche.
L’unica serata di condivisione era il mercoledì, con la cena di gala al tennis club: prato verdissimo all’inglese, piscina e spazio all’aperto. Ambiente elegante e curato in ogni dettaglio. Una coccola settimanale dove era d’obbligo l’abito lungo per entrare nel ristorante, a cinque stelle.
Consigli utili
Vivere il vero Brasile comporta sapersi adattare. Le abitazioni in cui ho vissuto sono “una scatola chiusa”: è possibile trovare luoghi eccezionalmente accoglienti con piscina, arredo nuovo e curato nei dettagli ma è possibile anche non avere l’acqua calda ed essere molto lontani dal centro città.
Personalmente, ho avuto al fortuna di provare entrambe le tipologie di case: la prima semplice ed essenziale, la cui caratteristica che ho sofferto di più era proprio la mancanza dell’acqua calda.
La seconda, una specie di reggia: la mia camera arredata con stile, il bagno personale, una persona che cucinava e stirava per me, praticamente un sogno.
In ogni caso, in questa tipologia di esperienza, consiglio di portare nello zaino poche ed essenziali cose, una dose elevata di curiosità e un pizzico di tolleranza, così da assaporare al meglio quelli che saranno momenti indimenticabili!
Per ulteriori informazioni sulle esperienze di lavoro all’estero potete visitare il sito ufficiale di AIESEC.